In questa cappella i fedeli amano far benedire anche oggetti personali, come ricordo duraturo e visibile dell’incontro di grazia avvenuto in Basilica.
Ma ad attirare l'attenzione sono ora anche gli affreschi di Pietro Annigoni, i quali realizzano una stretta sintesi su un tema che ci sembra emergere con maggiore evidenza: la tragedia del peccato.
La predica ai pesci, a sinistra (1981). L'episodio, stando alla fonte più antica, Actus beati Francisci et sociorum eius (1327-40), avvenne a Rimini nel 1223, alla foce della Marecchia.

Il Santo affronta il tiranno Ezzelino da Romano (1982). Secondo la Chronica dei notaio padovano Rolandino (1262) il fatto narrato dall'affresco è avvenuto poco prima che il Santo si ritirasse nell'eremo di Camposampiero, quindi nel maggio del 1231. Pregato dagli amici di Rizzardo di San Bonifacio (Verona) sequestrato con altri della fazione ghibellina, sant'Antonio si recò da Ezzelino III da Romano, per otteneme il rilascio. L'esito della missione fu negativo. L'artista fissa l'incontro dei due personaggi nella fase finale: un diniego che non ammette ripensamenti.
L'ostinazione del tiranno è resa dal risoluto gesto delle mani. Dietro di lui, il truce consigliere, raffigurato nella sua vera identità: il diavolo, l'ingannatore.
Ma Ezzelino non è dei tutto tranquillo: si protende in avanti, verso il Santo, con la bocca contratta da una smorfia, cercando di scrutare diffidente la fonte di tanta semplicità e coraggio. Antonio ha in mano il vangelo, ma esso è ormai chiuso per il tiranno.
Sant'Antonio, rassegnato, ha compassione del tiranno prigioniero di se stesso. Dietro, le ombre dei prigionieri, sospinti dalle guardie; gli uni estranei agli altri.
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